Escursione nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi passando per la sorgente dell’Arno, il monte Falterona e il monte Falco
Capo d’Arno il Falterona e Monte Falco è un’escursione adatta a tutti.
Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi non ha bisogno di presentazioni ed è al suo interno che incontreremo la Gorga Nera, la sorgente dell’Arno, il Monte Falterona (la Falterona, come la chiamano i locali) e il Monte Falco, la cima più alta dell’Appennino Tosco-romagnolo (1658 m s.l.m.).
Durante la prima parte del giro cammineremo su un’antica frana, ormai stabilizzata dalla vegetazione, che si staccò dal fianco del Monte Falterona nel 1335 e distrusse l’abitato di Castagno, oltre a dare origine alla Gorga Nera.
La zona del Falterona è stato un’importante sito sacro etrusco. Nel vicino Lago degli Idoli sono state ritrovate tantissime statuette votive etrusche e romano-elleniche.
Il tratto in discesa tra Monte Falco e il passo Piancancelli corre sul confine tra Toscana (a ovest) ed Emilia-Romagna (ad est).
I Balzi delle Rondinaie
I Balzi delle Rondinaie sono un importante geosito di natura marnoso-arenacea.
Li vedremo bene durante l’escursione Capo d’Arno il Falterona e Monte Falco.
Il giro in cifre
- Durata circa 5 ore
- lunghezza 10 Km
- dislivello positivo 540 m
- quota max 1658 m s.l.m.
- Punto di incontro Castagno d’Andrea
- Prezzo a partire da 15 € a persona
Il tracciato non presenta difficoltà tecniche anche se ci sono 2 brevi salite abbastanza ripide. La presenza di tratti di sentiero con rocce mobili suggerisce di indossare scarpe da trekking alte.
Per fare insieme questa escursione
La cronaca leggendaria della nascita della Gorga Nera nelle parole di Giovanni Villani, storico fiorentino del 1300
“Nell’anno 1335, al giorno del 15 Maggio, una falda della Montagna detta Falterona scoscese con un rombo di terremoto e con grande rovina dal lato del Mugello, rovinando per quattro miglia fino al paese chiamato Castagno, dove le case, le persone, le bestie selvatiche e domestiche e gli alberi interi furono travolti e inghiottiti. Nel terreno tutto intorno ci fu una inondazione di acqua torbida come non si era mai vista, che sembrava lavatura di cenere, e da questa uscirono un’infinita quantità di serpi dalla pelle nera e dalla carne bianchissima, e due serpenti con quattro piedi grandi come un cane furono presi più di due mesi dopo il disastro, uno vivo e l’altro morto.
L’acqua torbida discese nel torrente Dicomano e da qui nel fiume Sieve, che ne fu tutta tinta; e la Sieve tinse il fiume Arno fino a Pisa, ed esso durò così torbido per due mesi, che a Firenze l’arte della lana non poteva più far lavare i panni in Arno e neppure i cavalli ne volevano bere.”
Il Badalischio
La leggenda racconta anche che durante la seconda grande frana del 1641, che interrò parzialmente la Gorga Nera, si sia liberato il Badalischio o Badalisco, una creatura simile ad un serpente, di grandi dimensioni, a volte con ali cartilaginose e testa di uccello, spesso con una corona o un diadema che gli copre gli occhi rossi. Il suo sguardo è capace di paralizzare o addirittura uccidere persone e animali, il suo l’alito ha il potere di avvizzire le piante che si trovano nelle vicinanze.